mercoledì 10 gennaio 2018

Segno di carta.



Fuori dalla mia stanza questi disegni non possono che apparire insulsi, pensa Francesco mentre ne osserva una piccola fila appoggiata in modo casuale sopra la coperta del suo letto. Senza l’intimismo della ricerca che tento ogni volta di inserire in ogni tratto della mia matita, e che forse solo qua dentro ha un senso, tutto sembra perdere velocemente di significato, trasformandosi in un attimo da immagine d’arte ad un qualsiasi scarabocchio. Quando i miei lavori li ha visti il Neri a casa di Cinzia per esempio, nonostante la sua volontà evidente di entusiasmarsi e sostenere le mie cose che osservava per la prima volta, non è riuscito neppure a spiccicare una parola, proprio come se quei cartoncini senza cornice gli risultassero degli elementi a lui completamente estranei, oppure soltanto dei ritratti rappresentanti alcune persone che non conosceva affatto, laddove al contrario aveva davanti semplicemente le facce e le espressioni dei suoi compagni di classe, quegli stessi che si ritrova di fronte praticamente ogni mattina.
Ma è difficile cercare di trasporre l’idea di un carattere che si muove normalmente di fronte a noi, l’interpretazione di una qualche personalità che forse immaginiamo di vedere, come descrivere la caduta della maschera che spesso rimane sopra i nostri visi impegnati nella ricerca spasmodica di apparire sempre diversi da come effettivamente siamo, vergandola semplicemente con una matita sopra un foglio di carta magari a grana grossa. E’ una lettura personale quella che ne viene fuori, e gli altri possono vederci dentro tutt’altre cose rispetto a quelle che avremmo voluto evidenziare.  Per questo, per il rapporto malato tra realtà e trasposizione sulla superficie, l’unico elemento che può emergere poi dal disegno finito è soltanto quella certa sensibilità intimista di chi opera, la stessa che resta poi la più difficile da leggere e da riconoscere.
Per Francesco il punto di osservazione resta l’elemento essenziale con cui guardare tutto, e se fino ad ora si è sentito praticamente sempre da solo nel percorso di acquisizione degli strumenti adeguati per assumere il ruolo che ha scelto, adesso sente che Cinzia gli è vicino, anche se spesso lei non segue del tutto la sua logica. Parlano di queste cose in genere quando si vedono, e certe volte rimangono a lungo anche in silenzio, affinché le parole e le espressioni non intervengano troppo a modificare i loro pensieri. Lei qualche volta sembra entusiasta delle cose che Francesco riesce a disegnare, ma Cinzia è una persona solare, estroversa, che pare appassionarsi facilmente a ciò che stuzzica la propria curiosità, quindi non mostra affatto un giudizio obiettivo e distaccato, e questo è il limite evidente per tutto ciò che tende ad apprezzare.
Però quando lui è da solo di fronte ad un nuovo profilo espressivo, mentre sta cercando la giusta luce da inserire in uno sguardo, o al momento in cui ritaglia le linee opportune con cui si delinea un sorriso lieve, oppure una scolpita faccia seria che mostri prima di tutto un carattere deciso, allora lui sa che quello è soltanto un gioco a due tra sé e la carta, dove non c’è alcuna necessità interpretativa: il segno è quello, e non potrebbe essercene un altro.


Bruno Magnolfi 

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