lunedì 29 gennaio 2018

Grazia irricevibile.



Sono stanca di osservare questo lento disfacimento di tutte le cose, questa quotidianità che spesso semplicemente si autoriproduce, sciupando ad ogni passaggio anche qualcosa di sé, senza comunque mai limitarsi nelle proprie bassezze. Osservo qualcuno che passa fuori dalla mia finestra e so per certo che non c'è proprio alcun significato in questa sfacciata normalità in rotta di collisione con il nulla. Mando avanti le mie cose quasi senza rifletterle, mi muovo dentro la mia casa oramai solo per abitudine, quasi come fossi un automa piegato ad un programma sicuramente stabilito da gente che neanche conosco, del quale solo se riesco almeno per un attimo a non rifletterne a fondo tutti i dettagli, mi sento poi disposta ad accettarne ogni risultato con una maggiore tranquillità, come se tutto fosse davvero determinato soltanto dal mio volere.
Questo dice lei a se stessa davanti allo specchio della sua camera da letto, mentre da sola si guarda con sopportazione preparandosi ad uscire. Vanno comunque allontanate dalla mente le cattive idee, dobbiamo essere positivi, immaginare il giorno seguente sempre migliore di quello appena tramontato, come se il proprio disporsi verso la giornata nuova fosse sufficiente a piegare la realtà in funzione dei nostri desideri. Non c'è catastrofe, non ci sono cambiamenti improvvisi di rotta dentro ai propri piedi, solo queste doverose riflessioni all’interno di un ordinario esistere che nessuno si sogna mai di criticare.
Infine lei esce dalla sua abitazione, si ritrova in strada senza neppure un progetto preciso, soltanto con la voglia di girare a caso, cercando per le vie qualcosa di cui sente con sicurezza dentro sé che non potrà riuscire a trovarne neppure traccia in alcun modo. Ci sono a volte degli scorci di realtà che bussano forsennatamente alla propria fantasia, mostrandosi unici, irripetibili, anche se tutto ciò che si osserva spesso appare così effimero da non meritare più di uno sguardo neppure troppo incantato.
Infine lei trova davvero qualche cosa, forse un odore, oppure un colore nuovo, o magari una diversa prospettiva, ed allora segue quella, come se fosse la vera svolta a cui fino ad un momento prima giurava di non credere, ma che in fondo a se stessa ha sempre un po’ desiderato. Si accende improvvisamente qualcosa tra tutti i suoi pensieri, e forse c’è proprio la salvezza alla fine di una scia di un non so cosa che la porta inesorabilmente verso laggiù, dietro ad un caseggiato anonimo, dove si apre una piccola strada che costeggia un muro. Ma no, non è niente: c’è soltanto un gatto senza padroni che se ne va in giro per conto proprio, pelo lucido di un esemplare dominante indifferente a tutto, e per il resto tutto ciò che c’è lì attorno appare esattamente uguale ad ogni altro particolare che si può osservare in questo scorcio di città.
Non sono io che lo penso, dice lei a se stessa alla fine della strada: sono inevitabilmente queste pietre, queste case, queste facciate di palazzine di periferia che mi indicano la mancanza completa di qualsiasi volontà, come se un riscatto vero e proprio per me come per tutti gli altri non si dovesse proprio mai avverare, neppure in casi estremi, neanche se in diversi individui di un gruppo ben affiatato chiedessimo la grazia riferendoci a qualcuno che sicuramente conta più di noi.


Bruno Magnolfi

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