giovedì 5 ottobre 2017

Piano di scavi.

        

Ci sono delle sere in cui l’aria si mostra pesante. Anna ha preparato la cena, Corrado le ha dato una mano per apparecchiare la tavola, Francesco se ne sta lì in un angolo, il suo compito in genere è quello di affettare del pane e mettere sulla tovaglia le bottiglie d’acqua e del vino, attività cui in perfetto silenzio ha già adempiuto. Non ci sono molte cose da dire, la radio a basso volume riempie come può quel senso di vuoto che aleggia. Stamani ho incontrato l’amministratore di condominio, dice poi Anna come tra sé. Corrado la guarda, si porta un pezzetto di pane alla bocca, poi dopo un attimo dice soltanto: immagino stia studiando come farci spendere altri soldi. No, fa lei, mi ha detto solo che qualcuno dei nostri vicini sta pensando di far tinteggiare la facciata di questo palazzo. Allora non è preoccupante, fa lui; prima di mettere tutti d’accordo ci vorranno come minimo altri dieci anni.
Poi si siedono, Anna serve nei piatti, Francesco dice basta appena vede che la porzione a suo parere è già più che sufficiente. Mangia qualcosa in più, dice sua mamma senza convinzione; lo vedi come sei magro. Lui si schernisce, Corrado lo guarda un momento, ma non aggiunge nient’altro. Oggi ho litigato di nuovo con Torrini, dice tanto per parlare di qualcosa. Sosteneva che il capo avesse detto una cosa che io ero sicuro non avesse mai neppure pensato.  Così siamo andati fino al suo ufficio, e lui ha detto a Torrini che probabilmente aveva proprio capito male, e che non c’era altro da aggiungere, anche se gli faceva piacere naturalmente sentirsi così lusingato, e quindi alla fine pur sbagliando lui è riuscito a fare una bella figura.
Non preoccuparti, dice Anna: il tuo capoufficio sa quanto vali; non saranno certo sufficienti delle sciocchezze del genere per metterti in una cattiva luce. Forse, fa lui, però dover passare ogni giorno tra quei corridoi stando attento continuamente a ciò che viene detto, o anche  meglio, a quello che spesso viene semplicemente accennato, tenendo sempre le antenne bene in funzione, è del tutto snervante. Certo, fa lei, lo capisco; ma in fondo è il tuo lavoro, e tu non devi far altro che vedere il lato positivo delle cose, senza continuare a creare presupposti per delle scaramucce insignificanti con i tuoi colleghi. Va bene, fa lui, tanto con te non riesco mai ad ottenere una qualsiasi gratificazione.
Il figlio lì ascolta con interesse, mentre con la forchetta smuove lentamente i pezzi di cibo dentro al suo piatto, senza decidersi mai a mangiarli davvero. Il suo sguardo accarezza le espressioni che immagina, elabora in figurazioni mentali quasi complete i personaggi che entrano ed escono in quelle piccole storie. Non parteggia mai per nessuno in quelle che reputa ostilità di poco conto, ma immagina con grande chiarezza i pensieri che ognuno di loro riesce ad avere mentre stanno esternando con forza i propri convincimenti. Questa sembra a lui la forza maggiore: immettere dentro uno dei suoi tanti disegni che sta mentalmente elaborando, pur privo di orpelli e contorni,  tutti quei significati che una semplice espressione riesce a sottendere. È ancora un ragazzo, certamente ne è consapevole, ma il punto di vista che adopera è già quello di un disegnatore con esperienza, uno che non ha certo paura di scavare, persino dentro se stesso.


Bruno Magnolfi

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