mercoledì 21 giugno 2017

Biglietto inutile.

          

Generalmente c'è silenzio e tranquillità nel suo piccolo appartamento, tanto che cambiarsi d’abito e prepararsi con calma per uscire può presentarsi come un'attività quasi piacevole, specialmente se confrontata con il solito ritrovarsi in strada o sui mezzi pubblici in mezzo alla gente ed alla confusione. A lei non piacciono i luoghi affollati e cerca sempre la maniera migliore di evitarli, anche se in certi casi non risulta proprio possibile.
Scusi, le dicono da dietro mentre entra nel supermercato, e lei si gira, riconosce vagamente un’espressione che proprio non le sembra nuova, tanto che il tizio che l’ha chiamata sorridendo le dice subito il suo nome per esteso, quello di un vecchio compagno di studi che adesso è proprio lì, di fronte a lei, come se non fossero passate affatto quelle decine d’anni che hanno modificato profondamente i loro volti e forse anche le loro espressioni naturali. Lei sorride, gli stringe la mano, lo abbraccia addirittura, si scambiano ovviamente qualche informazione, ma lui spiega che è di corsa, deve andare via, così le lascia in mano solo un biglietto con il suo numero di telefono, chiedendole per favore di chiamarlo, appena lei vorrà. 
Velocemente tutto rientra nell’ambito delle solite cose, anche quella manciata di sensazioni un po’ nostalgiche mescolate ad un afflusso di immagini scaturite fuori da una memoria forse confusa e anche distratta, fino a lasciare lentamente quasi richiudere la porta col passato, a vantaggio del presente sempre denso ed invischiante. Solo una volta a casa quel biglietto torna fuori, tra le buste e i confezionamenti alimentari, fino a strapparle un semplice sorriso, ed un altro piccolo effluvio di pensieri, adesso più tranquilli ed in parte anche maggiormente soddisfacenti. Il numero col nome viene messo sopra un mobile, in bella vista, come fosse la foto incorniciata di un familiare negli anni della gioventù, e la solitudine e la calma dell’appartamento riprendono come sempre il sopravvento.
Trascorre il tempo cadenzato dalle abitudini, l’alternarsi perenne tra l’interno dei pensieri e l’esterno dei comportamenti, quasi un meccanismo semplice ed inevitabile, come il movimento perpetuo che non cambia, e scivola veloce quasi fosse il senso stesso delle cose. Lei prosegue a cambiarsi d’abito e ad uscire, quando non può proprio farne a meno, e a tornare anche nel supermercato, senza ritrovare più nessuno che le ricordi qualcosa di quei vecchi tempi, e senza incontrare più di nuovo lui, ormai tornato già distante nei ricordi, perso chissà dove nella fretta e nella confusione di ogni giorno.
Rientrando a casa scioglie ogni volta quel senso di leggero fastidio dato dalla strada e dalla gente in movimento, ma riprende subito la calma tanto necessaria, respira l’aria ferma o quasi, che appena ce la fa dallo spiraglio di una finestra a smuovere le tende. Poi, forse per automatismo, si ritrova in mano quel biglietto con quel numero, adesso assurdo, inutile, senza alcun significato, e come tutti i confezionamenti alimentari che vanno uno per uno nella pattumiera, anche quello in un attimo va a cadervi dentro, a chiusura definitiva di un periodo.

Bruno Magnolfi


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