martedì 11 aprile 2017

Lontano affronto.

            

L'uomo apre la porta ed appare subito piuttosto taciturno e pensieroso mentre rientra in casa tornando a sera come è logico dalla sua famiglia, quasi fosse almeno per una buona parte ancora al suo quotidiano posto di lavoro, chino sulla consumata scrivania, quando sta lì a proseguire con normalità per tutto quel tempo del suo orario a rovistare in mezzo ai conti dei tanti clienti e delle società, pronto a scovarne qualche anomalo dettaglio. Il suo collega, durante quelle giornate che trascorrono così oltremodo monotone e ordinarie, certe volte gli racconta qualcosa di variato rispetto al loro occuparsi delle solite cose con cui devono riempire i loro compiti previsti, e gli fa presente come tutto spesso sia effettivamente poco definitivo, ancora estremamente da confrontare, privo cioè di quel giudizio che in molti casi vorremmo tutti per comodità avere già pronto, anche direttamente espresso e dichiarato fin dentro di noi, senza dover tornare neanche più a rifletterci sopra ulteriormente, neppure per un attimo, e con il quale chiudere tutto quanto a certe riflessioni antipatiche ed in fondo prive di definizione.  
Lui non si interessa mai generalmente dei particolari verso cui non si sente neanche portato, ma l’altro insiste, dice che solo nel venire a conoscenza di certe notizie che generalmente non si vorrebbe neanche sapere, si aprono le proprie riflessioni al punto di mettere in discussione qualsiasi certezza avuta fino adesso. Le cose stanno cambiando, gli dice sottovoce; forse si dovrebbe approfittarne, mettere a frutto l'esperienza annosa del sentirci capaci di rimanere lontani e leggeri sopra certe vicende disgraziate di certuni che non danno forse mai dei risultati positivi. Lui annuisce, ma soltanto per inerzia, ed ascolta come certi vicini di casa del collega abbiano deciso a un certo punto di piantare tutto, compresi gli affetti e le abitudini, ed andarsene da un attimo al seguente in altro luogo, ai tropici, per la precisione, dove con pochi soldi mettere su un’attività che da subito permetta loro un’esistenza agiata e dei comportamenti impensabili da noi. 
L’uomo sorride mentre continua i suoi conteggi, e non gli vengono alla mente né domande né altre particolari curiosità su quei poveri ammalati di alternative facili, riuscendo soltanto ad immaginare dei tizi su una spiaggia per la zona da ordinaria cartolina, che dopo i primi tempi trascorsi in un’ebbrezza apparentemente inossidabile, cercano, passato qualche mese oppure un anno o più, di farsi ancora piacere quella scelta effettuata, coprendo in qualche modo al loro interno la nostalgia latente di usi e di comportamenti che ancora trattengono purtroppo dentro se stessi, non riuscendo in nessun modo a liberarsene come sarebbe evidentemente stato meglio.
Lui riflette però, nel silenzio che si crea dopo quelle semplici chiacchiere senza alcun contraddittorio, come se in fondo le immagini fornite da persone che hanno in qualche modo tentato un salto, quale esso sia stato, non fossero soltanto dettagli da considerarsi appunto per semplice ironia, o così distanti in quanto privi di qualsiasi radice capace di attecchire, ma elementi in qualche modo possibili nel fornire una pur piccola voglia di quella spallata che in certe giornate particolarmente grigie e prive di costrutto, chiunque al posto di un semplice impiegato di una banca quale si trova ad essere, sentirebbe vivi, vicini a sé, quasi accettabili come soluzione. Naturalmente va avanti con il suo lavoro, completa con calma e con ponderatezza quelle pratiche aperte che trovano nei documenti contabili le loro definizioni più complete, infine osserva il suo orologio e chiude tutte le cartelle, almeno fino all’indomani.   
L’uomo così rientra in famiglia, gli occhi bassi, le solite cose di ogni sera, la testa pesante, il compito addosso di mostrarsi ancora spavaldo, entusiasta di quelle scelte fatte fin da sempre, che nessuno potrà mai mettere in dubbio, compreso il suo collega di lavoro: ed abbandona in questo modo qualsiasi altro pensiero, a lui lontano, estraneo, inaccettabile persino come riflessione spudorata; inconciliabile con la successiva giornata di lavoro ancora da affrontare.


Bruno Magnolfi   

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