martedì 14 marzo 2017

Decisioni da prendere.

            

La signora alla fermata del bus si muove nervosamente, dapprima anche per controllare gli orari dei mezzi indicati sui cartelli affissi al palo su in alto, poi per rendersi conto se ci fosse mai un posto libero dove sedersi sulla panchina di attesa sotto alla pensilina. Infine, guardandosi ancora attorno, si riaccosta a suo marito, rimasto fermo sul marciapiede: avranno ambedue anche più di una settantina d'anni, forse, ma lei lo bacia con gesto consumato sopra una guancia, come una ragazzina, quasi per rassicurarlo della sua presenza e anche probabilmente del suo affetto. Poco dopo arriva il loro autobus, così salgono assieme agli altri, si piazzano seduti vicino e si guardano, forse rassicurati dal fatto che a quell’ora non c'è molta calca e che quel mezzo sembra proprio scivolare tranquillo sopra le vie di asfalto urbano.
Ci sono ancora sette fermate, fa lei d’un tratto. Siamo comunque largamente all’interno dell’orario che avevamo pattuito, mi pare, risponde lui a voce bassa. I documenti li abbiamo messi tutti insieme in una busta nella mia borsa, dice lei, adesso non è certo il caso di controllarli di nuovo, gli spiega. Va bene, fa lui, spero solo che tutto il nostro impegno vada a buon fine, e che non ci siano problemi ulteriori. Certamente, lo spero anche io, fa lei, e torna a baciarlo sopra la guancia, tranquillizzandolo e sorridendo.
Poi la signora ad un tratto, assumendo un’espressione quasi di sgomento, si ricorda improvvisamente dei biglietti di viaggio che non ha ancora obliterato, così sembra subito presa da un moto di agitazione, fruga velocemente dentro la sua borsa, infine si alza e sorreggendosi poco adeguatamente ai sostegni, arriva fino alla macchinetta elettromeccanica, che le risponde con un suono caratteristico, quasi rassicurante.
            Le cose vanno avanti così fino a quando i due scendono dall’autobus alla fermata prevista, si incamminano verso un indirizzo che forse conoscono bene, e quindi si fermano davanti al portone che stanno cercando. Ci siamo, fa lei: non resta che suonare il campanello e depositare tutti i nostri incartamenti sulla scrivania di questo notaio. Aspettiamo un momento, fa lui, forse dobbiamo pensarci ancora un po’ meglio, perché una volta che tu avrai suonato alla porta e ci verrà aperto, tutto in qualche maniera sarà ormai compiuto. Ma ne abbiamo parlato da così tanto tempo, dice lei, che non saprei più cosa dire adesso per chiarire ancora di più tutte le cose. Lo so, fa lui, mi rendo conto; e magari stiamo completamente sbagliando, forse abbiamo preso un abbaglio, e forse andrebbe lasciato tutto esattamente come sta in questo momento. La signora si avvicina e lo bacia sopra una guancia tenendogli un braccio, poi dice sottovoce: dobbiamo farci forza e fare anche questo passo. Però non c'è fretta, fa lui, possiamo tornare domani o magari il giorno ancora seguente: non cambierebbe nulla nei nostri propositi.
            Rimangono ambedue sbigottiti, quasi le loro perplessità riuscissero a paralizzargli qualsiasi movimento, e restando fermi in piedi su quel marciapiede, sembrano proprio incapaci di fare ancora una mossa. Va bene, interrompe lei il silenzio alla fine: torniamo domani. Così possiamo ancora controllare se per caso manchi qualcosa tra i documenti, qualcosa a cui fino adesso non avevamo proprio pensato. Certamente, interviene lui, però se avessimo già suonato al portone le cose avrebbero già preso una piega definitiva, e non avremmo più dovuto preoccuparci di nulla.
            Passa lungo la strada un autocarro pieno di polvere e di rumore, loro due si scansano quanto possono ad evitare la nuvola di smog, poi la signora va subito vicino a suo marito, gli stringe una mano, lo bacia sopra una guancia, e infine con calma se ne vanno, senza scambiarsi più neppure una sola parola.


            Bruno Magnolfi

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