sabato 4 febbraio 2017

Cosa gradita.

            

            Certo, signor Mini, in pochi minuti sarà tutto a posto, non si preoccupi, dice lui mentre sistema rapidamente almeno i fogli degli ordini dietro la piccola scrivania che funziona anche da cassa. Non si fa vedere molte volte in quel negozio di libri, il signor Mini, ma quelle poche volte vorrebbe sempre trovare tutto ordinato, è quasi una sua fissazione, e se questo non appare proprio come lui se lo immagina, si limita comunque a girare tra gli scaffali ed a guardare da tutte le parti quasi senza parlare, come se fosse già sufficiente la sua presenza a mostrare quel senso di rimprovero che prova dentro di sé per il suo dipendente nonché direttore della libreria.
            Non ci vuol niente a mettere a posto le cose, dice lui con le mani ancora piene di carte e di volumi, ma se vuole posso rimanere oltre l’orario di chiusura, stasera, per rimettere in ordine alfabetico tutti quei libri che lei mi ha segnalato. Il negozio naturalmente non fa molti utili, e la decisione di chiudere definitivamente è sempre pronta dietro ad un angolo. Lui è riuscito poco per volta ad attirare là dentro diverse conoscenze culturali del quartiere, personaggi interessati ai buoni libri, e che animano volentieri la discussione letteraria: si piazzano là dentro durante certi pomeriggi, e sfogliando qualche edizione parlano tra loro e consultano volentieri le pagine stampate. Acquistano anche qualche cosa, naturalmente, e quindi tutto appare così giustificato e funzionale. Ma quando arriva l’ora della chiusura del negozio i libri appaiono immancabilmente confusi tra loro, posizionati in scaffali diversi da quelli di origine, e per il signor Mini, quando si fa vedere là dentro, questo non è minimamente sopportabile.  
            A volte lui si è anche chiesto, per pura curiosità, quale sia stato il motivo per far aprire al signor Mini quella libreria che porta il suo nome, ma non si è mai sentito tanto in confidenza con quell’anziano signore, in quei quattro anni da quando lavora là dentro, da poterglielo chiedere. Perciò prosegue a mandare avanti le cose come gli sembra maggiormente opportuno, e tutto sommato si ritiene abbastanza orgoglioso del suo operato, tanto che, nonostante le brutte espressioni che assume la faccia del signor Mini, lui non evita di far presente quali siano i buoni risultati di quella attività: si fanno vedere alcuni noti scrittori in quel negozio, docenti universitari ben conosciuti, e non passa settimana senza che venga richiesta qualche presentazione di libro a cui assistono spesso anche decine di persone, che poi acquistano sempre qualcosa.
            Lei forse li regalerebbe i libri, pur di trovarsi sempre attorno tutta questa gente, dice a volte il signor Mini con un sorriso ironico; e lui sorride, prende frasi del genere quasi fossero un gran complimento, ma quando poi si tirano le somme sul venduto effettivo, le cose non appaiono più tanto allegre, anche se le cifre non sono mai scese sotto al minimo dell’effettiva sopravvivenza per quel tipo di attività. Alla fine tutto quello che si riesce a dire di male del suo operato è sempre ridotto a questioni di precisione, anche se è proprio quella la caratteristica della libreria: se fosse tutto perfettamente ordinato, sostiene lui a suo discapito, probabilmente qualcuno inizierebbe magari ad evitare quel luogo asettico e poco disponibile, fino a far ritrovare chi ci lavora con un negozio perfetto sotto il profilo formale, ma sterile sotto quello umano, e quindi inappropriato.
            Faremo dei lavori, dice alla fine il signor Mini: sto per acquistare degli spazi ulteriori a fianco della libreria, ho anche dei finanziamenti, così potremo ingrandirci e tenere in vendita anche altri volumi, e diventare punto di riferimento per molti altri clienti. Ma tutto questo dipende anche da lei: le sua capacità di fare di questo esercizio un punto di ritrovo si sono già viste; adesso ci sarà bisogno anche di una migliore organizzazione, se non altro per fare a me cosa gradita.


            Bruno Magnolfi

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