giovedì 12 gennaio 2017

Epiche lotte.

          
            Va bene, diceva timidamente certe volte la ragazza al microfono. Gli altri praticamente erano quasi assenti, sdraiati come stavano nelle loro scomode sedie, ad ascoltare giusto qualche parola di ciò che si cercava con grande fatica di stabilire. Però quelle semplici frasi poteva sembrare all’improvviso come tuonassero nella grande sala dove si bivaccava, e tutti allora si mostravano pronti, presenti, disposti a seguire meglio quell’intervento, e a darne subito un seguito, come pareva davvero meritasse.
            Poi però tutti tornavano velocemente a perdersi di nuovo, in modo scomposto, disimpegnato, lasciando ogni cosa proprio com’era sempre stata, ed ogni buona idea, pur lanciata con grande entusiasmo, in questo modo si andava a mescolare alle altre, senza brillare cioè, come ingolfata dentro una melassa composta soltanto da superficialità ed indifferenza. Lei era lei, certo, e sapeva sicuramente come scaldare il cuore di ognuno, ma c’erano delle volte in cui le sue parole non parevano affatto sufficienti.
            Così si usciva dall’istituto, poco per volta, e l’occupazione permanente diventava appannaggio di pochi, non perché questi meritassero di dominare la scena, quanto per la grande  disaffezione degli altri. Evidente che diventavano più importanti, anche se poco per volta, i propri personalismi, piuttosto che le grandi opinioni comuni e le battaglie da affrontare insieme con tutti, ma sembrava impossibile fare altrimenti.
            Dopo, magari proprio il giorno seguente, tornava la ragazza, si riprendeva il microfono, guardava tutti negli occhi, e diceva senza mezze parole che adesso le sembrava doveroso accettare qualcosa, pur di portare avanti l’idea principale di fondo. Alcuni fischiavano, altri si alzavano, in molti erano disposti anche a liquidarla una volta per tutte. Ma dopo un attimo tutto era blando come prima, nessun entusiasmo, ognuno riprendeva i propri fili da tessere, e tutto era perso di nuovo.
            Alla fine la ragazza non si fece più neanche vedere: qualcuno disse che non stava bene, altri che aveva perso il carisma, o che erano gli argomenti ad esserle venuti a mancare. Di fatto aveva ripiegato, e in diversi erano persino disposti a comprenderla, ma in poco tempo l’occupazione era davvero fallita, e qualcuno adesso dava tutta la colpa ai suoi modi, a quel suo essersi arresa proprio quando forse sarebbe stato il momento di insistere. Dimenticarla in fretta era imperativo, e se proprio veniva da parlarne, era soltanto in termini negativi, sia da parte di chi non l’aveva apprezzata, sia da parte di coloro che l’avevano sempre sostenuta, e magari aveva pure condiviso molte delle sue opinioni.
            Tutto riprese poi com’era sempre stato, e voltando la pagina si decise che forse i tempi non erano affatto maturi per ciò che in quel lungo periodo aveva infiammato la lotta. Così si tornò a disinteressarsi di ogni questione, fino a quando la ragazza decise un giorno di esserci ancora, mostrando tutto il suo pensiero in un lungo articolo pubblicato da un diffuso giornale. Si diceva che nessuno aveva tratto benefici da quel lungo periodo, e proprio per questo tutti adesso potevano trovare una ragione per tirare ancora in avanti le cose, senza alcuna autocritica, senza rimpianti, e magari senza riflettere troppo su quel passato purtroppo assente sia di vincitori che di vinti.


            Bruno Magnolfi

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