lunedì 7 novembre 2016

Spazzatura elettronica.

           
            Adesso è giunto il momento in cui mi sento proprio stanca, dice lei parlando quasi in un soffio. Stanca delle tue maniere, del tuo monotono essere sempre uguale a te stesso. Hai fatto la scorza con quelle poche cose di cui ti interessi, nel muoverti per casa in una maniera sempre così prevedibile, senza mai alcuna variazione. Ho continuato per anni a farti notare come poco per volta ti andavi riducendo, ma tu hai sorriso ad ogni mio debole appunto, ed hai tirato dritto senza preoccuparti minimamente di quanto dicevo. Forse perché, con tutto il rispetto che ho costantemente avuto nei tuoi confronti, ho sempre cercato comunque di non farti affatto pesare le cose che spesso continuavo ad esplicarti, usando sempre parole dai toni morbidi, e ammettendo che quanto dicevo in fondo era soltanto un parere, una mia interpretazione.
            Certe volte non mi sono fatta trovare, dice ancora la donna, e ti ho lasciato uno stringato messaggio con cui ti comunicavo che forse sarei tornata più tardi, che avevo qualcosa di importante da fare, magari che ero in giro con qualche mia amica, e che la cena comunque era pronta, e potevi andare avanti con le tue cose anche senza di me. Poi ritornavo, e ti trovavo nella stessa maniera di sempre, indifferente a qualsiasi variazione, persino lontano da ogni pensiero dettato dalla curiosità. Quasi sdraiato, come ogni sera, perso davanti alla televisione, e senza un minimo di cura per te e per le cose intorno al tuo evidente egoismo.
            Poi ho cercato di stimolarti, dice lei abbassando ancora la voce; l’ho fatto cercando qualcosa che potesse in qualche modo coinvolgerti, che ti desse una spinta per uscire una buona volta da quel tuo solito bozzolo, e per molte delle cose che ho messo insieme, ho finto addirittura che ti arrivassero quasi per caso, per non farti pesare niente di me, neppure quelle piccole idee. Ho sorriso, in certi casi, quando al contrario ci sarebbe stato da piangere, ma ho sempre voluto trovare un'altra possibilità da concederti, anche se tu ogni volta hai sempre trovato il modo di neutralizzare tutto quanto. Ed ho smosso il più possibile almeno ciò che ho potuto, se non altro per darti l'impressione che il resto del mondo intorno non è fermo, come invece sei tu; ma senza alcun risultato.
            Il tuo unico sforzo è sempre stato soltanto quello compiuto per il tuo lavoro, spiega lei con ancora più calma; impegno peraltro portato avanti giusto in qualche maniera, e accompagnato perfino da continue lamentele nei confronti dei colleghi, del tuo capo, dell’organizzazione generale, e anche degli orari a cui ti sei spesso sentito costretto. La liberazione che hai sempre avvertito, giungendo alla fine del tuo turno lavorativo, non è però mai stata controbilanciata da una vera voglia di fare, di recuperare almeno qualcosa, come se il resto del tempo a tua disposizione potesse essere risolto in un niente completo, che peraltro in questa maniera non può neppure riuscire a darti lo slancio per impegnarti di più e più proficuamente proprio in quel tuo mestiere.
Infine, adesso appena sussurrando, la donna dice di nuovo ma con altre parole ciò che ha appena spiegato; non è facile, pensa subito dopo, aver trovato il momento adatto per dire a lui tutto quanto, anche se solamente in una registrazione di questo mio cellulare. Poi arresta la memoria elettronica, ed osserva a lungo quel file, un piccolo scarabocchio sopra lo schermo, così importante da contenere ormai quasi tutto di quei suoi pensieri, di ciò che ha sempre avuto presente, tutto quello che a lui avrebbe sempre voluto spiegargli. Poi però lo cestina, con un semplice clic.


Bruno Magnolfi

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