giovedì 8 settembre 2016

Gita di piacere.

            
            La stanza d’albergo è veramente piccola, ed arredata in modo a dir poco casuale, quasi sgarbatamente, con un’unica finestra che concede la vista soltanto sulla facciata di un condominio anonimo che rimane di fronte, a pochi metri, senza lasciare praticamente alcuna altra visuale. A lei però non importa proprio niente, appena arrivata ha già disfatto quasi completamente la sua valigia, anche se loro due si tratterranno soltanto un paio di giorni, perché in qualsiasi caso le sue maniere non cambiano: ogni cosa deve essere sistemata in perfetto ordine, e quindi riposta con metodo ed in modo assolutamente adeguato alla situazione. Lui prosegue a guardarsi attorno: sugli inizi avrebbe quasi voluto andarsene da lì, prendere sua moglie per una mano e chiederle di andare altrove, ma dopo pochi minuti la sua incertezza iniziale sul da farsi è già stata soppiantata da altri pensieri.
Nel pomeriggio potremo fare una semplice passeggiata senza meta, dice lei accomodante, mentre manovra i suoi vestiti; giusto per prendere confidenza con questa bella città, aggiunge subito. Lui, dopo aver messo svogliatamente la testa dentro la sua valigia, forse per affinità, o magari alla ricerca di chissà che cosa, annuisce lentamente, senza comunque riuscire a trovare sull'immediato delle possibili alternative. Infine si siede al bordo del letto, si prende la testa tra le mani ed inizia a lamentarsi con dei sottili suoni gutturali del tutto assurdi. Stai male?, fa lei guardandolo per un attimo con occhi attenti ma senza muoversi da dove si trova. Nessuna risposta, lui nasconde per un attimo il viso dentro ai palmi e finge qualcosa che non appare neppure minimamente credibile. Va bene, dice lei; allora tira fuori tu cosa vuoi farne di questi due giorni. Niente, fa lui con serietà mentre si alza; poi, con passo leggero, si avvicina alla porta, la apre, osserva per un attimo il corridoio che in quel momento appare deserto, e quindi esce, richiudendo subito l’uscio dietro di sé.
Lei entra nel bagno, apre un rubinetto, si lava le mani, guarda la propria faccia dentro lo specchio, riavvia con la spazzola i suoi capelli castani di media lunghezza, ed infine torna dentro la camera, prende il libro turistico sempre a portata di mano, e sedendosi lo apre. Quando il marito torna lei è completamente a suo agio, pronta per affrontare anche qualsiasi eventuale avversità. Lui la guarda, accosta la porta alle sue spalle; dobbiamo essere uniti, le dice, ed evitare di ritrovarci nuovamente su due piani completamente differenti. Lei si gira, mette con calma un segnalibro alla pagina della guida che stava consultando, poi la va ad appoggiare sul tavolinetto vicino all’armadio. Va bene, risponde a bassa voce, comunque non avrei la minima intenzione di fare qualcosa che possa in qualche modo innervosirti.
Lui raggiunge la finestra, osserva una leggera screpolatura sull’intonaco del palazzo che ha di fronte, poi si volta; non so come dirtelo, mormora con calma: ma c'è qualcosa in questa camera che mi ricorda un passato che però non è neppure del tutto mio, come la fase oscura di una vita precedente, ecco. Lei lo guarda, prova forse un attimo di tenerezza verso suo marito, poi però con gesto deciso indossa una delle sue giacche attillate. Lui intanto si volta, si rende subito conto di non avere molte possibilità, così va verso di lei, le accarezza una mano e prova a sorriderle, come per annullare tutti i pensieri ed i discorsi scambiati fino allora. Lei lo lascia fare per un attimo, infine allunga il braccio fino al tavolinetto, da dove raccoglie la sua guida: andiamo?, dice senza alcun  indugio; ed insieme, proprio in quel momento, ecco che si avviano.


Bruno Magnolfi