mercoledì 22 giugno 2016

Chiusura.

            

            Secondo me è proprio quella ragazza il nostro vero problema, dice un tizio al telefono in una birreria semivuota ma con una voce sufficientemente alta tanto da riuscire a farsi sentire quasi da ognuno presente là dentro. Al suo stesso tavolo l’altro ascolta con apparente distrazione quelle parole, quindi butta giù ancora un sorso della sua birra, poi gira lo sguardo come per il tentativo di ignorare il suo amico che adesso ha appena interrotto quella comunicazione, ma subito dopo gli invia giusto un cenno di rimprovero scuotendo la testa, come per fargli capire che non ritiene del tutto giustificati quei discorsi che ha fatto. Non molto distante da lì, lei invece sistema le sue cose con calma prima di uscire da casa, indossa uno dei suoi abiti un po’ più ricercati, ed attende. Osserva con serietà la strada dalla finestra, quasi già si aspettasse dalla serata qualcosa di ostile, sentendosi comunque pronta a fronteggiare qualsiasi possibile critica, magari mettendo in campo anche una certa fermezza che sente di avere, ed infine si avvia.
            Lui l’attende come sempre all’angolo della strada, dentro la sua vecchia macchina con lo stereo ben acceso, e quando la vede le apre subito lo sportello, la saluta, anche se giusto con una buffa espressione del viso, poi avvia il motore e riparte. Percorrono alcune strade in silenzio, sembra quasi non abbiano neppure qualcosa da dirsi, salvo forse trattenere i propri pensieri per esprimerli soltanto al momento in cui saranno tutti e quattro riuniti. Quando, dopo il breve tragitto, entrano nello stesso locale dove gli altri due dovrebbero attenderli, il ragazzo che concitatamente parlava di lei poco prima al telefono, in questo momento non c’è, sembra quasi non abbia voluto aspettarli, così loro due vanno a sedersi al tavolo dell’altro componente del gruppo, che al contrario sembra piuttosto compiaciuto di quel loro arrivo.
            Infine torna anche il tizio che aveva telefonato, saluta appena la donna e l’altro componente della loro band, poi si siede anche lui, ma dopo appena un attimo dice in fretta che le cose si stanno mettendo piuttosto male, e che non ci sono molte illusioni da farsi, anche secondo quello che ha appena sostenuto il loro agente al telefono. Lei lo guarda, finge una sicurezza che in realtà adesso non sente di avere, poi però chiede con calma che cosa sia mai a preoccuparlo in quel modo. Il signor Marchi sembra non riesca a trovarci nessun nuovo ingaggio, spiega lui, e poi ci sono dei segnali che io reputo soltanto negativi: proprio per questo negli ultimi giorni mi sento nervoso, non riesco a concentrarmi sui pezzi come vorrei, non ho neppure più voglia di fare le prove, e poi avverto il tempo che prosegue a passare sopra di noi senza che possiamo farci un bel niente. Se ora non riusciamo ad approfittare di quel piccolo successo che siamo riusciti a raggranellare, siamo proprio fregati, ecco quello che penso.
Ma queste sono soltanto valutazioni tue personali, dice lei; riguardano semplicemente la condizione che vivi, le tue preoccupazioni, il tuo modo di porti di fronte alle cose. Va bene, interviene il ragazzo che l’ha portata fino lì; però adesso cerchiamo di trovare una soluzione: non possiamo continuare a stuzzicarci ogni volta che ci vediamo, senza peraltro concludere mai niente. Va bene, fa lei, comunque ho messo giù un pezzo nuovo, certo va ancora elaborato, ma è questo il nostro compito, piuttosto che studiare strategie. Il tizio dice ancora qualcosa tra sé, forse vorrebbe soltanto continuare ad affibbiare la colpa di tutto il suo nervosismo alla cantante della loro band, come in fondo ha cercato di fare già diverse volte negli ultimi tempi, ma alla fine rinuncia, si arrende, ascolta anche lui la piccola registrazione di voce e chitarra che lei fa ascoltare anche agli altri. È buona, dice uno degli altri ragazzi, mi viene in mente già qualche idea per arrangiare il pezzo e cavarne qualcosa di ricercato. Anche l'altro mostra di apprezzare quella traccia, e soltanto lui rimane in silenzio, forse senza neppure la voglia o le capacità per esprimersi. Non va bene, dice alla fine, non riusciremo a combinare un bel niente con roba del genere; io penso sia meglio chiuderla qui col nostro gruppo: smetterla una volta per tutte, piuttosto che cercare dei palliativi che non porteranno mai da alcuna parte.


Bruno Magnolfi

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