martedì 14 giugno 2016

Accettazione di sé.

          

            Se mi sforzo per un po’, riesco a rammentarmi perfino di tutto quello che sono riuscito a fare ieri: che cosa ho mangiato, se mi sono recato da qualche parte, insomma come ho trascorso per intero la mia giornata di insegnante a riposo; ma se mi rilasso, come spesso mi accade accomodandomi come sempre su questa mia poltrona, esattamente come ho fatto anche questo pomeriggio, soltanto per starmene tranquillo, riposarmi e per mezz’ora non fare e non pensare più a un bel niente, ecco che tutto si va ad ovattare dentro la mia mente, e le cose sembrano subito confondersi quasi per gioco tra di loro, lasciandomi come all’oscuro di tutto quanto, quasi che a questa età non si dovesse avere più niente di cui riuscire a ricordarsi.
Lui sembra tranquillo adesso, e con questa sua vicina di casa parla del suo annoso problema usando tutta la calma necessaria; lei è uscita subito dalla porta sul retro, dove ci sono i loro giardinetti comunicanti tramite un cancello che tengono sempre aperto, e lo ha fatto giusto per capire cosa mai avesse da urlare adesso quell’anziano professore che abita a fianco della sua dimora. Perché se all’improvviso non si rammenta di qualcosa, ecco che va subito ad innervosirsi, e poi sbraita, alza la voce anche se abita da solo, urla perfino, anche se oramai non può riuscire a far tornare dentro la sua testa ciò che forse oramai ha dimenticato.
La memoria ce l’ho, dice adesso lui con maggiore calma, ma è necessario tutto il mio impegno per riuscire a trattenerla, per farla funzionare bene, ed appena smetto di conservarla ben salda dentro di me, ecco che quella se ne va via, e mi lascia come un guscio vuoto, privo praticamente di qualsiasi cosa. La vicina gli dice che ci vuole una certa dose di pazienza, e che la cosa migliore per tenere impegnata la mente è sempre quella di leggere un buon libro, oppure anche un giornale, anche se sono attività alla lunga un po' stancanti. Questo è vero, fa lui, ed io cerco di fare esattamente questo, dando fondo a tutti i libri che possiedo, ma poi non posso certo continuare a leggere per tutto il santo giorno, e peraltro ci vorrebbe anche un interesse forte e preciso per attirarmi verso questa attività, e a me dopo che ho lasciato ormai da ventiquattro anni l'insegnamento della matematica, ogni passione che avevo viene sempre più a mancarmi.
La vicina lo guarda, forse ha quasi pena di quell'uomo: le porto un caffè leggero, gli dice, poi esce dall'abitazione per andare a prepararlo. Quando torna, il professore ha già accostato il finestrone, come si fosse dimenticato perfino del caffè. La donna bussa ai vetri, poi spinge l'anta. Non mi ero scordato di lei, le spiega subito il professore, ho soltanto immaginato che fosse meglio presentare un diaframma tra me e l'esterno, come per proteggere anche così la mia persona. Vede, prosegue mentre si siede e prende la tazzina, se io mi impegno non posso assolutamente dimenticare nulla. Soltanto lasciando andare le cose come pare a loro, non potrò mai riuscire a trattenerle. Mi costringo certe volte ad essere addirittura un genere di persona a cui non mi sento di appartenere quasi per nulla, così ripenso alle mie lezioni tra i ragazzi del liceo, e mi sforzo il più possibile di tirare fuori anche i dettagli di tutta quella parte della mia vita e della mia carriera.
Ma forse, al contrario, dovrei abbandonarmi del tutto a questa mia natura più forte anche di me, quella che tende a trascinarmi verso qualcosa che in questo momento neanche conosco: ma ho paura sempre più di essere somigliante ad una larva, come uno di quei tanti vecchi che ci stanno in giro, che non sanno più neppure quale sia la loro storia, e non hanno neanche la coscienza di cosa stiano diventando loro stessi. Probabilmente però è la mia stessa personalità a portarmi verso questa china: magari dovrei accettarla, sorbirla esattamente come questo suo caffè; e poi disinteressarmi del tutto della vita e della mia memoria: in fondo se questo è il mio percorso stabilito, dovrò pur accettarlo una buona volta, e magari smetterla di essere così riottoso a ciò che di nuovo si presenta.


Bruno Magnolfi 

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