venerdì 29 gennaio 2016

Costruzione dell'immagine.

  

            Quando qualcuno nomina Anna Calmassi, almeno nel nostro ambiente, non ci si può proprio esimere dall’apprezzamento che si conviene nei confronti di una donna del genere. La sua capacità di aver sempre coniugato così bene razionalità e sentimento nel proprio campo è tale da lasciare tutti più che convinti delle sue doti e della sua bravura. Lei quando trova il tempo di giungere fin qui per spiegarci le sue ultime fatiche, lo fa sempre con una particolare attitudine, non dimenticando mai almeno in parte di schernirsi e di mostrare quasi una deliziosa vena di timidezza. Qualcuno poi, quando si apre alle domande, non evita mai di chiedere come Anna riesca ad essere così remissiva e contemporaneamente grande in quello che fa, ma lei evita sempre questi argomenti, preferendo parlare della sua attività più concreta, dando più volentieri un certo seguito a chi le chiede dettagli ben precisi di alcuni dei suoi lavori.
            Sorride, Anna, parla a lungo con la sua voce calma, porta sempre a conclusione ogni argomento, infine ringrazia tutti, abbandona il microfono, stringe la mano a molti tra gli intervenuti, indossa il suo impermeabile e poi lascia la sala. Sale su un’auto che è venuta apposta per prenderla, fa una telefonata e subito dopo cerca di rilassarsi. Si sente nervosa, questi incontri le stanno pesando sempre di più, le domande della gente si mostrano insidiose, qualcuno poi trova sempre il modo di rivolgersi a lei in maniera estremamente insopportabile, almeno alle sue orecchie.
            Giunge nel suo appartamento, abbandona su una sedia la grossa cartella zeppa di tante cartacce, toglie il soprabito, gli orecchini, la collana vistosa, e infine si siede, stanca e stufa di tutto. Gli organizzatori l’hanno pure invitata a cena per quella serata, e lei naturalmente non ha potuto dire di no, quindi dovrà cambiarsi d'abito e ripetere di nuovo tutta la insopportabile pantomima della donna perfetta, ed Anna, almeno in questo momento, non sa proprio come riuscirà a ritrovare di nuovo la forza per apparire come tutti desiderano che sia.
            Lui arriva poco dopo, entra con la sua chiave, la stringe un attimo a sé senza parlare, la bacia sul collo con apparente trasporto, poi le prepara qualcosa da bere. Anna, dice con calma; sei sicura di farcela da sola a reggere la tensione dei nuovi saluti, apprezzamenti, lusinghe, e altri aggettivi sparsi? Lei lo osserva almeno un attimo, poi sbatte il bicchiere per terra, mandandolo in mille frantumi. Sono nauseata da tutto, dice con rabbia, anche da te che fai il cascamorto con la prima che ti capita a tiro, e non dire di no che tanto ho i miei informatori. Voglio indossare sopra la faccia una maschera della vera me stessa, trasformarmi almeno per un periodo nella persona che sono davvero, e smetterla con questa costruzione intollerabile di donna perfetta. Voglio andarmene, questo è il punto, fuggire da qui, ritrovare alcuni di quei valori che valgono almeno la pena di essere presi in considerazione. L'uomo, da tempo abituato a quegli sfoghi, naturalmente resta in silenzio.
            Poi Anna si sdraia, lui le prende la mano, ma lei lo allontana: preparami la doccia, gli dice, e lui esegue prontamente quanto richiesto. Anna, dice lui dall’altra stanza, e lei si mette le mani sopra le orecchie per non sentire ancora quel nome che tutti ogni giorno le ripetono intorno, come un passaporto da persona perfetta. Infine accende la televisione, gira subito su un programma dove probabilmente si potrebbe parlare di lei, ma adesso stanno solo trasmettendo delle pubblicità. Spegne, getta in malo modo il telecomando sopra un divano, toglie la gonna, si guarda un momento nel riflesso di in un grande specchio che troneggia su una parete di quella sala, e poi fa una smorfia. Strizza gli occhi, si accarezza la pelle, si liscia con la mano i capelli, poi dice sottovoce alla sua immagine: ti odio, non era certo cosi che ti avrei voluto.


            Bruno Magnolfi

Nessun commento:

Posta un commento