venerdì 20 febbraio 2015

Mille diverse possibilità.

            

Sto chiuso nello scafandro, limitandomi, attraverso la feritoia per gli occhi, ad osservare qualcosa della realtà che si muove all’esterno. Non uscirò certo da qui troppo alla svelta, la protezione che in questo modo mi sono guadagnato è tale da lasciarmi perfettamente a mio agio. Certo, lo scafandro è in buona parte costituito di metallo, limita moltissimo qualsiasi movimento, ma si tratta di scegliere ciò che si desidera di più, ed a me adesso non va certo di cambiare condizione. Da qui vedo come siano in molti a sbracciarsi per cercare un luogo di visibilità, alcuni poi anche per farsi largo in mezzo a tutti gli altri, ed altri ancora che invece tentano in qualsiasi modo di raggiungere una qualsiasi pedana da cui arringare a tutto spiano chi si trovi nelle vicinanze.
Così pensa lui, mentre trascina la propria esistenza all'interno delle proprie idee, modificando astutamente solo le parti più indolore e quelle di minore importanza. Dalla feritoia che gli lascia debolmente adocchiare la realtà, non può certo sbirciare molte cose, però quanto non riesce proprio a vedere se lo immagina, lo costruisce mentalmente, prendendo in questo modo degli abbagli clamorosi, che continuano inevitabilmente a portarlo ancora fuori strada.
Sto rannicchiato, e so per certo che nessuno mi verrà mai a cercare, anche se la protezione che mi sono guadagnato è tale che in pratica non ho quasi più paura di niente. Questo è il grande privilegio che mi sono costruito: aver messo una distanza, un diaframma tra me e tutto il resto, un elemento che mi lascia in questo modo quasi intoccabile, ma tramite il quale allo stesso tempo conservo una posizione di estremo vantaggio, che mi permette peraltro di rendermi conto, in qualsiasi momento, di tutte le cose da cui mi trovo circondato. Gli altri stanno là fuori, quasi rinsecchiti nel loro cercare spazi e idee; io sto qui dentro, ben appagato.
Così il suo modo di essere; ma se qualcuno sfiora leggermente la sua postazione, se viene messa in dubbio la sua capacità di persona che conosce bene ciò che è giustificabile e corretto, ecco che lui chiude ogni spiraglio, rifugiandosi persino nell'assenza completa e nell'oblio. La sua idea sembra sempre sopra tutto, come se non ci potesse essere neppure una differente maniera di confronto.
Sto immaginando le loro facce, le loro stupide espressioni. Non importa ciò che troveranno da dire, o se mai verranno davvero a ricercarmi. La mia funzione è questa, non potrebbe essere diversa. Il mio pensiero si staglia dappertutto, la mia idea di fondo, anche se non verrà compresa mai, resta comunque quella data dal mio stato e dal mio punto d’osservazione.
Così concede un'altra occhiata, forse l'ultima, dalla feritoia. Ma qualcuno intanto si è avvicinato al suo scafandro, qualcuno si è incuriosito di quel suo punto di vista. Si sorride, immaginandolo rinchiuso dentro quella gabbia, si torna ad osservare l'assurdo marchingegno, ma poi si inizia anche a parlargli, a dire a lui cose senza impegno, parole che poco per volta attraversano il pertugio, ed arrivano là dentro, a lui che è ancora lì, ben vigile, oltremodo attento.
Sto male; qualcuno è rimasto indifferente alla mia perfetta protezione. Qualcuno si sente in dovere di parlarmi, di raggiungermi, di raccontarmi qualcosa che fino adesso non immaginavo, neppure conoscevo. Non avevo neanche preso in considerazione questa remota eventualità, ma certo che oramai è chiaro, d'ora in avanti dovrò rielaborare ogni mia scelta.
Così piacevole tutto ciò che scorre libero, così meraviglioso aprirsi alla realtà, queste le parole che vengono fatte continuamente giungere dentro lo scafandro. Rinuncerà anche lui, si dice dappertutto, ed alla fine sarà proprio uno come tutti.


Bruno Magnolfi

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