martedì 2 dicembre 2014

Vertigine momentanea.



Si rannicchia sullo scomodo sedile di quel treno locale, Tonio, ed osserva, senza farsene accorgere, una ragazza sola in fondo al vagone che è salita proprio all’ultimo momento prima della partenza. Non è da molto tempo che la mamma quelle due volte a settimana gli lascia raggiungere il Centro Sanitario senza che nessuno lo accompagni, anche se lei al pomeriggio lo aspetta sempre nella piccola stazione quando torna. Ma lui non ha paura, si sente bene, e quella mezz’ora sul treno tutto sommato gli piace, anche perché in molti lo conoscono e lo salutano sempre.
Non guarda mai fuori dai finestrini, questo è vero, la velocità gli mette sempre una grande apprensione, però dentro al vagone ci sta bene, riesce a trovare quasi sempre delle persone simpatiche che parlano con lui, gli battono una mano sulla spalla, si fanno raccontare tutto quello che fa e che gli passa per la testa. Ma oggi purtroppo non c’è molta gente su quel treno, lui si è sistemato su un sedile vuoto e ad un tratto ha sentito come un brivido, quasi provasse improvvisamente il bisogno di avere la sua mamma vicino, proprio come quando era più piccolo.
Sei proprio un bel ragazzone, gli dicono sempre tutti quanti quando lo incontrano, e Tonio però sa di avere quasi trent’anni, e che quella è l’età giusta per andare da solo fin dove gli pare; ma qualche volta, proprio come adesso, non si sente perfettamente a suo agio, e senza avere intorno almeno qualcuno che conosce, sente di non starci molto bene in giro, persino su quel treno che gli piace. Così guarda di nuovo quella bella ragazza, laggiù in fondo, e forse vorrebbe averla conosciuta precedentemente, averla almeno già vista là sopra, gli piacerebbe magari fosse una di quelle tante persone che a volte gli sorridono, che lo chiamano per nome, che lo salutano con allegria; ma non è così.
Si rannicchia di più, stringe i ginocchi magri con le sue braccia, la ragazza lo nota magari per un momento, ma poi torna con indifferenza a guardare fuori dai finestrini. Sono qui, vorrebbe dirle Tonio: forse potremmo avvicinarci un po’ tra noi, pensa, sorridere insieme, parlare magari di questo viaggio; e forse anche di come si trascorrono le giornate, queste giornate spesso piene di gente e di chiacchiere, e di domande a cui dobbiamo rispondere, e di compiti a cui bisogna far fronte. Si potrebbe diventare amici, magari, scambiarsi i nostri nomi, stringersi la mano come si fa in tutti questi casi. Ma lei non lo guarda, e lui forse adesso inizia a stare male.
Si volta verso il finestrino allora, ma per non vedere tutta quella velocità del paesaggio che fugge, si mette subito una mano sopra gli occhi. Neppure il controllore passa in questa strana giornata, pensa Tonio: sono solo, forse neppure la mamma sarà alla stazione ad aspettarmi. Improvvisamente lui sente che non gli importa più di niente, forse neanche di scendere a quella stazione: vuole soltanto dormire, ecco; sdraiarsi alla meglio sopra al sedile e lasciare che il treno lo porti fin dove vuole, senza lasciare a lui di preoccuparsi più di niente.
Qualcosa sta succedendo, pensa Tonio, non posso farci nulla, le cose accadono senza che nessuno possa interromperle. Sente anche la voglia di piangere, senza che ci sia un vero motivo per farlo. Toglie la mano dagli occhi, guarda per un attimo quella campagna e quelle case che corrono, nel mezzo del niente, che vanno chissà dove, e prova una sottile vertigine. Poi si fa prendere del tutto da quel panorama, si incolla al finestrino, osserva le colline lontane, pensa alle persone ferme che magari vedono il treno passare, e lui dentro, dietro quel vetro.
Tonio prova un grande malessere, forse vorrebbe che tutto improvvisamente si fermasse, desidera fortemente essere già a casa, con la sua mamma, oppure addirittura tornare al Centro, e ricominciare a parlare ancora con il dottore, riflettere meglio sulle sue domande, provare a dargli delle risposte ancora migliori di quello che ha sempre fatto. Poi si gira, torna di nuovo a rannicchiarsi sopra al sedile. Ma neppure la ragazza laggiù è più al suo posto, non c’è, si è spostata, forse è andata via: no, non se n’era neppure accorto, ma lei adesso è li, accanto a lui, proprio vicino, e adesso lo guarda e gli sorride, gli dice di stare tranquillo, e che va tutto bene, e che la prossima fermata sarà proprio la nostra, gli spiega; potremo scendere assieme, gli dice, e ritrovare in un attimo la mamma.


Bruno Magnolfi

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