sabato 10 febbraio 2024

Evidenti novità.


            Lei allora girava la chiave nella serratura della porta, ma con grande delicatezza, in modo da non produrre quasi alcun rumore, e quindi lasciava aprire avanti a sé dapprima solo uno spiraglio, quasi per osservare semplicemente se per caso nell’ingresso dell’appartamento ci fosse qualcuno ad attenderla, e quindi entrando, ma senza premere il pulsante per accendere le lampadine. Poi, lei riponeva con attenzione la chiave dentro la sua borsa, l’appoggiava sulla sedia con i braccioli posta al fianco dell’appendiabiti, e quindi muoveva alcuni passi verso il salotto, da dove vedeva giungere con chiarezza la luce elettrica accesa in quella stanza, ed un suono musicale di fondo proveniente anch’esso da lì. Achille era seduto, stava guardando la televisione, e sull’immediato non si era neppure accorto di sua moglie, anche se, alla fine, avvertendo il fruscio degli abiti alle sue spalle, lentamente si era voltato. <<Buonasera>>, diceva allora lei guardandolo ma senza cambiare minimamente d’espressione. Suo marito si alzava, la guardava a sua volta con grande sorpresa, e forse passava in rassegna, tra tutte quelle che gli venivano in mente in quell’attimo, la cosa migliore da dire per una situazione del genere, e alla fine faceva: <<Eravamo in forte apprensione; non sapevamo proprio a chi rivolgerci; e poi il tuo telefono portatile lo hai lasciato qui, a casa>>. Celeste gettava un’occhiata in giro, poi iniziava a togliersi la giacca, ma con calma, come se non fosse del tutto convinta di dover restare davvero, oppure se uscire di nuovo. Tornava nell’ingresso per un attimo, poi si dirigeva verso la cucina, accendeva la luce, si guardava attorno e d’improvviso le sembrava un luogo differente da come fino ad oggi lo aveva sempre visto, nell’arco di tutti quegli anni.

            Intanto, dietro di lei e di Achille, che forse l’aveva seguita anche per misurare quali cambiamenti fossero eventualmente avvenuti in sua moglie nell’arco di quelle poche ore, era subito giunto Marco, il figlio maggiore, dicendo in modo ridente: <<Mamma>>, come per mostrare il suo sollievo nel vederla sana e salva di nuovo a casa. Anche Federico entrava allora nella stanza, ed andava da sua madre abbracciandola e stringendole una spalla, pur senza ricevere in cambio troppo entusiasmo. La domanda che tutti avrebbero voluto porre immediatamente a Celeste però non veniva ancora formulata, probabilmente per non inserire in questo momento delle questioni particolarmente difficili, capaci di fare emergere certi dissapori al momento assolutamente da evitare. <<Scusate>>, diceva invece lei affrontando l’argomento con grande semplicità. <<Ho fatto un lungo giro a piedi. Non volevo farvi preoccupare>>. Certo, non c’era altro da aggiungere, né qualche cosa da chiedere, anche se queste parole non spiegavano assolutamente niente o, meglio, scoperchiavano qualcosa di cui in famiglia forse non si era mai parlato, dando per scontate molte cose che all’improvviso mostravano di non essere troppo prevedibili. Restavano in aria dubbi, domande, interrogativi che si sarebbero potuti sciogliere soltanto con il tempo ed una maggiore attenzione agli stati d’animo. <<Hai mangiato qualcosa?>>, chiedeva Achille, ma non c’era neppure bisogno di una risposta, nonostante tutti avrebbero voluto impegnarsi adesso nel fare qualcosa per questa donna, anche soltanto una qualsiasi sciocchezza. Celeste diceva di nuovo: <<Scusate>>, e poi spariva in camera sua, come non avrebbe mai fatto soltanto fino a poche ore prima.

I ragazzi allora incrociavano lo sguardo con loro padre, ma nessuno dei tre trovava una parola adatta da formulare, restando in silenzio, quasi inebetiti, incapaci di fare una riflessione adeguata sulla madre e sulla moglie che adesso appariva quasi diversa. La cucina era in ordine, dopo la cena frugale i tre avevano lavato e riordinato tutte le cose che erano state usate, ma Federico adesso si era versato un po’ d’acqua da bere, forse per buttar giù, come fosse una pillola amara, una situazione che probabilmente non si sarebbe mai aspettato. Quindi aveva appoggiato il bicchiere dentro al lavello, più che altro per una sorta di abitudine, ma immediatamente si era sentito in difetto, così aveva aperto il rubinetto e lo aveva lavato e asciugato, riponendolo nel vano delle stoviglie. Achille aveva atteso qualche momento, poi si era mosso per andare in camera e chiedere a sua moglie se avesse bisogno di qualcosa. <<Niente, grazie>>, aveva risposto lei mentre riponeva nell’armadio alcuni vestiti. Poi si era voltata verso suo marito, si era mossa, gli era passata accanto, lo aveva superato senza guardarlo e alla fine era entrata nel salotto, dove la televisione proseguiva ad inondare la stanza di immagini e di colori. Si era seduta sul divano, aveva scorso i canali di ricezione con il telecomando; quindi, aveva lasciato una trasmissione idonea ai propri gusti. Da parte di Achille non sembrava che si potesse fare niente per comprendere meglio la situazione che si era creata, se non accettare ciò che si stava verificando, magari adeguandosi poco per volta alle novità che in futuro si sarebbero potute imporre.

 

Bruno Magnolfi

lunedì 5 febbraio 2024

Fragile stato d'animo.


I due fratelli erano arrivati a casa nel tardo pomeriggio a pochi minuti di distanza l’uno dall'altro, trovando stranamente loro padre scuro in volto e in piedi lungo il corridoio. Diceva di essere tornato dal lavoro almeno un’ora prima, e che si era posizionato lì pronto ad accogliere al più presto possibile chiunque fosse stato a far girare la chiave nella serratura del portoncino. Appariva però sfuggente, con la sua solita faccia dall'’espressione quasi invariabile, senza comunque ancora accennare a qualche particolare preoccupazione, anche se era evidente che nell’appartamento, per un motivo ignoto, la mamma al momento risultava assente. Achille, interrogato dai suoi figli, con una scrollata di spalle, aveva mostrato di non sapere niente dell’assenza di sua moglie, cioè di non sapere dove fosse, ignorando sia il possibile motivo in grado di trattenerla fuori casa, sia qualsiasi altra faccenda che spiegasse quella sua strana ed insolita assenza a quell’ora, visto che non aveva lasciato neppure un biglietto con qualche spiegazione scritta. Marco per primo era andato a sedersi al tavolo di cucina, dicendo che forse era il caso di andare dal vicinato a chiedere eventuali informazioni, ma subito dopo qualcuno aveva suonato il campanello di casa con un rapido e repentino trillo.

La signora Marcella, la loro dirimpettaia, sull’immediato si era schiarita la voce, poi aveva avanzato di appena qualche centimetro, forse per tenere il tono di voce sufficientemente basso, e poi aveva detto ai suoi tre conoscenti: <<Mi ha telefonato la signora Celeste>>, spiegandosi, ma mantenendo una forte titubanza. <<Ha detto soltanto che per il momento non intende tornare a casa>>. Achille a queste parole restava di sasso, impossibilitato a pronunciare una qualsiasi domanda, ed anche i due figli rimanevano immobili, per alcuni istanti persino loro incapaci di chiedere qualcosa. <<Ma dove si trova adesso, la mamma?>>, chiedeva alla fine Federico, muovendo le mani e le braccia come a cercare di fare qualcosa per risolvere una situazione che appariva assolutamente assurda. La signora Marcella, forse più in confusione di quanto ci si poteva attendere, si prendeva adesso una pausa, e con gli occhi fissi sui suoi vicini, ed anche un filo di voce ancora tremolante, alla fine diceva soltanto: <<Non me lo ha detto>>, chiudendo qualsiasi interrogativo ulteriore in questo senso. Marco, che fino adesso era rimasto in silenzio, chiedeva invece se la mamma avesse accennato al momento in cui sarebbe finalmente tornata da loro, o se loro stessi potessero fare qualcosa per il suo rientro, magari parlarle al telefono, se c’era almeno un numero a cui chiamarla. La signora Marcella allora ritirava il suo piede, tornando indietro di qualche centimetro sul pianerottolo, come se praticamente avesse ormai espletato la sua funzione di ambasciatrice, e al momento non avesse in pratica da aggiungere alcun chiarimento. <<Non mi ha detto altro>>, confermava, cercando di chiudere la conversazione, <<soltanto che in questo momento vuole starsene da sola, almeno un po'>>. Achille allora prendeva coraggio, anche se gli venivano alle labbra solo parole di sgomento, però ad un tratto sbottava: <<ma non è possibile, senza neanche dirci niente, senza mostrare nessuna sofferenza>>.

Marco all’improvviso mostrava una certa freddezza, e riprendeva rapidamente la parola, immaginando che ciò che aveva da dire la loro vicina di casa con queste ultime informazioni fosse ormai esaurito, e così con calma sibilava: <<Se per caso richiamasse al telefono nelle prossime ore, le dica per favore che noi siamo praticamente disperati senza di lei>>, cercando così di rappresentare il sentire di tutta la famiglia. La signora Marcella annuiva, sempre con gli occhi spalancati, indietreggiando ancora sul pianerottolo e mostrando chiaramente il desiderio di tornare al più presto dentro nel suo appartamento. Federico allora si voltava, forse cercando di apparire pratico, ed entrava in cucina ad aprire il frigorifero per rendersi conto se era possibile preparare qualcosa per la cena. La signora Marcella intanto salutava in un modo semplice e quasi ridicolo, e poi in un attimo spariva velocemente dietro la porta del proprio appartamento rimasta socchiusa, lasciando Achille a sprangare il proprio uscio a sua volta, appena un attimo dopo di lei. In cucina poi nessuno dei tre trovava qualcosa da dire sulla faccenda, limitandosi a sprecare qualche parola sulle cose da cucinare e da portare in tavola. <<Non so cosa pensare>>, diceva Federico dopo un po', così che Marco e suo padre si limitavano a guardarlo come se avesse espresso un pensiero incomprensibile, proseguendo a posizionare le stoviglie sopra una tavola completamente differente da tutti gli altri giorni.

Una volta seduti, ma conservando il silenzio per parecchi minuti, lasciavano che ad un tratto Achille chiedesse ai suoi due figli un parere sulla strana faccenda verificatasi, ma nessuno di loro riusciva ad avere un pensiero realistico. <<Non riesco a darmi una spiegazione>>, riprendeva allora Achille. <<Forse la colpa è soltanto mia, che non sono riuscito a comprendere meglio negli ultimi tempi quanto i miei malesseri andassero a gravare anche sul suo fragile e nascosto stato d’animo>>.

 

Bruno Magnolfi

mercoledì 31 gennaio 2024

Revisione degli atteggiamenti.


<<Non so cosa pensare>>, dice Tiziana a Marco. <<Credo sia chiaro quanto a me possa dispiacere aver provocato un nuovo battibecco tra te e tuo fratello. Però non immaginavo affatto che certi argomenti potessero scatenare opinioni così diverse tra di voi. In fondo non sono neppure temi che vi investono troppo da vicino: tu che ti dai arie da intellettuale di Sinistra, e lui che è soltanto uno che almeno tempo fa ha simpatizzato per la Destra, ma magari senza neppure avere delle idee molto chiare, o più probabilmente soltanto per fare un dispetto proprio a te. Ma in fondo non sono neppure elementi troppo diretti e personali, per nessuno di voi due>>. Marco sorride, gli pare ormai quasi naturale il comportamento di suo fratello, non si è mai meravigliato di niente di ciò che negli ultimi tempi è stato capace di tirare fuori contro di lui. <<Un bisogno sfrenato di autonomia, la necessità di sentirsi avverso a chi gli è più vicino, queste le necessità che ha sempre manifestato>>, dice adesso Marco. Tiziana sembra comunque perplessa, per lei generalmente le cose scorrono in maniera facile, senza mai alcuno scontro caratteriale con le persone che le rimangono più prossime. <<Quelli di Sinistra sono soggetti spesso psicopatici, lo dico senza offesa, individui che con i loro comportamenti fanno saltare i nervi a chiunque si trovino nelle vicinanze. Ma in questo caso c’è qualcosa che forse è legato ad aspetti di tipo espressamente familiare>>. Lei prosegue con tranquillità a guidare la sua utilitaria, osservando in giro il luogo migliore dove fermarsi, mentre Marco resta in silenzio, lasciandosi scarrozzare senza tirar fuori alcuna obiezione.

<<Posso lasciarti da queste parti?>>, fa Tiziana ad un tratto, dopo che sono rimasti in silenzio per più di qualche minuto, come se fossero giunti in una zona che a lui possa tornare abbastanza comoda. <<Ma certo>>, risponde subito Marco quasi senza pensarci; <<però se vai avanti lungo questa strada per me va ancora meglio>>. Alla fine lei si offre di accompagnarlo fino sotto casa, come forse era naturale, e lui naturalmente la ringrazia, pur sottovoce, ma sfoderando lo stesso modo di fare di chi sembra dare per scontato che un favore fatto a lui è quasi un piacere per chi lo fa, e che quindi sottintende come lei lo avrebbe portato in ogni caso in quella via, non fosse stato altro che per il gusto di averlo a bordo della propria macchina; così scende con tranquillità dalla vettura, usando come saluto le solite parole che usa sempre: <<Ci sentiamo per telefono>>, le dice, per poi andarsene quasi di fretta. Però, subito dopo Marco si sente dispiaciuto di essersi comportato così, nonostante alcune parole sfuggite a Tiziana lo abbiano colpito, lasciandolo con un vago sapore amaro. Soprattutto quello che più non gli piace è il fatto che lei reputa uno schieramento politico quasi come fosse un vezzo di qualcuno, e non un preciso impegno sociale. Il suo disinteresse per questi temi, si trova a pensare adesso mentre rientra a casa, ed anche lo smaccato qualunquismo che spesso manifesta, sono elementi difficilmente digeribili, riflette, per uno convinto delle proprie idee come si ritiene lui.

Poi lascia cadere queste meditazioni: in fondo Tiziana è una persona piena di vivacità, spigliata, certe volte anche divertente, e tutto questo naturalmente fa parte di qualcosa che non può essere mai tralasciato. Piuttosto, il suo problema adesso è affrontare la presenza di Federico dentro la casa dei loro genitori, anche se immagina che suo fratello terrà anche in questa fase il suo solito comportamento: massima indifferenza, assommata magari al tentativo di ignorare qualsiasi riferimento diretto. Perciò, sale le scale condominiali senza sentirsi troppo offuscato da ciò che lo attende, e solo quando è ormai a metà della breve salita che si rende conto come forse solo mutando lui stesso il proprio atteggiamento potrà portare Federico su una strada differente e ad un diverso comportarsi. <<Ci vorrebbe una bella scossa elettrica>>, riflette con una certa convinzione, e quindi si ferma, torna a scendere i gradini, pur con molta calma, e dopo un attimo si ritrova di nuovo in strada. <<Forse potrei telefonare, per rendermi conto se Federico adesso è in casa. Potrei addirittura chiedere a Tiziana di accompagnarmi, magari con la scusa di alcuni libri, o certi appunti di lezione che abbiamo da scambiarci. Certo, la sua improvvisa presenza nel nostro appartamento potrebbe cambiare molte cose nei suoi modi>>. Quindi Marco raggiunge il caffè più prossimo, si siede, prende qualcosa da bere, e cerca pacatamente, ma con un vago entusiasmo, di escogitare un piano che possa apportare qualche variazione alle solite maniere con cui lui e suo fratello sono soliti accostarsi.

<<Gli sto concedendo persino troppa importanza>>, pondera in conclusione. <<Per me resta importante in ogni caso la coerenza, e per questo motivo non devo cambiare proprio nulla nelle mie abitudini. Sarà Federico, prima o dopo, a dover mostrare una variazione significativa nei miei confronti, e solo allora forse sarò disposto a rivedere qualcosa dei miei atteggiamenti>>.

 

Bruno Magnolfi   

martedì 23 gennaio 2024

Idee universali.


            Per i primi minuti i quattro ragazzi avevano scambiato tra loro soltanto delle parole semplici e leggere, ognuno alla ricerca di qualcosa magari per ridere insieme, ma poi Marco aveva punzecchiato volontariamente gli altri, intavolando, in quella saletta del caffè dove si erano trovati, i temi delle ultime manifestazioni studentesche organizzate dai vari cartelli della Sinistra. Tiziana aveva bofonchiato qualcosa mostrando di non essere troppo d’accordo con quei moti di rivolta e quelle occupazioni simboliche delle facoltà, e Federico era rimasto in silenzio, lasciando che ognuno esprimesse la propria opinione. Ma suo fratello, dopo un attimo, aveva come rincarato la dose, quasi per mostrare di non provare alcuna paura nel discorrere di ciò che gli passava per la mente, ed aveva spiegato come <<questi fascistelli, ormai isolati, hanno dimostrato velocemente che senza le solite parole d’ordine contro i diversi, gli stranieri, le minoranze in genere, ormai hanno ben poche frecce al proprio arco da scagliare, e di cui riuscire a vantarsi>>. Cristina aveva subito annuito, e poi si era permessa di aggiungere che la scuola doveva essere di tutti, ed era l’ora di finirla col tenerne fuori certe branche della popolazione. Gli animi si erano scaldati quasi subito, e Federico, sentendosi tirato in mezzo per il proprio recente passato piuttosto opaco, aveva detto, alzando un po’ la voce verso suo fratello, che <<questi sono sempre i soliti argomenti sciatti portati avanti da certi individui>>.

            Marco non aveva ribattuto, ma dopo un attimo le sue parole avevano ripreso forza cercando di dimostrare come <<il potere politico, in questa fase, fosse capace soltanto di sbandierare dei concetti populisti, buoni per conservare il sostegno da parte delle persone semplici, ma mostrando una profonda incapacità ad essere davvero innovativi e all’altezza dei tempi>>. Era seguita una breve pausa, ma subito dopo Federico si era alzato, e con gran voce aveva concluso con forte ironia che la colpa di tutto era <<naturalmente dei soliti filogovernativi, che non si rendono mai conto di fare un danno a tutto il paese, cavalcando le parole d’ordine di tutti quelli che se la prendono con chi sembra buono soltanto a manifestare dissenso e diversità di vedute>>. Tiziana aveva parzialmente perso il senso di quanto era appena stato detto, però si era subito sentita come responsabile del battibecco che adesso stava rischiando di degenerare tra i due fratelli, e nel desiderio di mettere in mezzo qualche parola che agisse da raffreddamento degli animi, se n’era uscita dicendo che <<in fondo vogliamo tutti le stesse cose, non c’è alcun bisogno di farne delle tragedie>>. Adesso anche Cristina però si era alzata dal tavolo, e quasi ignorando Federico, che stava in piedi con la faccia rossa, aveva iniziato a rimettere insieme le sue cose per andarsene, anche se comprendeva bene che un’azione di quel genere avrebbe avuto probabilmente delle gravi conseguenze. Poi si era mossa, e Federico era andato subito dietro a lei, senza dimenticarsi di dare un forte spintone con la mano a suo fratello, come per voler sottolineare quanto sbagliate fossero le sue iniziative, e di conseguenza anche le sue idee.

Tiziana era senza parole, mostrando adesso un senso di profonda mortificazione per quanto appena accaduto, e Marco, rimasto impassibile nella sua sedia, proseguiva a cercare dentro di sé delle parole adatte, nel tentativo estremo di dimostrare ulteriormente la giustezza dei propri pensieri. Cristina, oramai sul marciapiede, raggiunta in fretta da Federico che tentava di farla fermare, sembrava del tutto incapace di giustificare il comportamento a cui aveva appena assistito. <<Lo capisci che tu provi dell’astio per tuo fratello, indipendentemente da qualsiasi cosa dica?>>, spiegava a voce alta lei a lui. <<Sei offuscato da qualcosa che non ha neppure ragione di essere, considerato che lui alla fine esprime soltanto delle parole giuste e ponderate>>. Federico allora restava in silenzio, a bocca aperta, immobile, incapace di ribattere qualcosa di sensato, dimostrando così, con questo stesso comportamento, la verità di ciò che aveva appena ascoltato, mentre Cristina se ne andava in fretta, desiderosa solamente di non vedere più la sua espressione sciocca. Tiziana, di controparte, chiamava il cameriere, pagava alla svelta le consumazioni del loro tavolo, e poi lasciava che Marco semplicemente accompagnasse lei fuori da quel locale, senza necessità di aggiungere assolutamente niente. Forse immaginava di trovare gli altri due fuori da lì, ma oramai non c’era più nessuno, e lei diceva soltanto: <<Vado a casa, per oggi tutto quanto ho ascoltato per me è stato più che sufficiente>>. Fuori, nella piccola piazza accanto all’ateneo, dove stavano sopraggiungendo adesso dei gruppi di studenti e di ragazzi, sembrava che i disaccordi tra le diverse idee non avessero mai avuto un vero asilo, e che non fosse poi così difficile trovare una sintesi comune. Si rideva, si facevano battute spiritose, e gli animi sembravano praticamente uniti, nel desiderio di raggiungere una tranquillità ed un accordo stabile, che dimostrasse così come fosse facile giungere ad avere in testa delle idee del tutto solidaristiche ed universali.

 

Bruno Magnolfi   

domenica 21 gennaio 2024

Vecchie conoscenze.


            Dentro al locale Federico era giunto per primo, ed aveva fatto un cenno al cameriere dietro al banco, poi era andato a sedersi ad un tavolino della saletta sul retro. In questo caffè della zona universitaria, durante ogni pomeriggio, anche se generalmente un po’ più tardi di quell’ora, iniziavano ad arrivare molti studenti, che poi si piazzavano seduti a ridere e a trascorrere la serata, ma in questo momento non c’era proprio nessuno, e a Federico gli era parso un po' triste essersi dati appuntamento lì a quell’ora con la sua amica del cuore, anche se lei aveva tanto insistito, quasi avesse da rivelargli qualcosa di importante. Nell’attesa, si era fatto servire un semplice succo di frutta, poi aveva tirato fuori dal suo zaino un piccolo quaderno su cui normalmente appuntava le cose da non dimenticare, e proprio nel mentre stava scrivendo una nota su un impegno scolastico per il giorno seguente, era giunta Cristina. Si era scusata come sempre faceva del proprio ritardo, ma adesso era subito apparsa sfuggente, quasi agitata, spiegando in due parole però che aveva appena bisticciato per telefono con una sua compagna di classe. <<Va bene>>, aveva detto lui, <<però adesso ci possiamo mettere tranquilli. Stiamo un po' qua, poi se vuoi possiamo farci un giro>>. Ma lei si era tolta il giaccone, la sciarpa, aveva appoggiato sopra la sedia una busta con dei libri e anche la sua borsa, da cui aveva tirato fuori il telefono, dei fazzoletti di carta, l’agenda, ed anche una penna, come non avesse alcuna intenzione di uscire dal locale troppo alla svelta. <<Dovevamo andare al cinema il prossimo sabato sera, ma lei adesso sembra proprio non ne abbia più alcuna voglia; a me pare impossibile cambiare idea così in fretta>>.

<<Potrei venire io con te>>, aveva detto Federico. <<Ma tu lavori alle pizze la sera del sabato>>, aveva fatto Cristina, <<non devi rinunciare a dei soldi che puoi guadagnare solo per colpa mia, piuttosto vado da sola>>. Lui era rimasto un po' male, gli pareva all’improvviso che un moto di generosità non accettato fosse persino qualcosa di peggio di un’offesa, così su due piedi aveva inventato una scusa: <<Ma no, il prossimo sabato sera sono libero. La pizzeria sarà chiusa per ragioni amministrative. Non devo fare alcun sacrificio. Sarò libero sabato. Posso venire al cinema con te. Non c’è alcun problema>>. Cristina lo aveva guardato senza credergli troppo. Poi aveva detto: <<Va bene>>, senza troppa convinzione, pur tenendo il punto. <<Ne riparliamo comunque venerdì, e per quel giorno forse avremo tutti cambiato i nostri propositi>>. Ed è proprio in questo attimo che era arrivata una bella ragazza, accompagnata dal fratello di Federico, forse un po’ imbarazzato. Marco, seguendola, sembrava difatti quasi coprirsi dietro alla presenza di Tiziana, e Cristina invece si era alzata subito in piedi, esprimendo una grande sorpresa, fingendo con naturalezza di conoscere da sempre questa ragazza mora, con gli occhi truccati, un abito quasi elegante, l’espressione sfrontata di chi non si pone problemi di fronte a nessuno, anche se ovviamente era dentro di sé perfettamente cosciente di interpretare semplicemente una parte, messa a punto soltanto in precedenza e per via telefonica con questa persona a lei sconosciuta. <<Ciao>>, le aveva detto con un certo trasporto, e l’altra, assumendo alla svelta il medesimo atteggiamento, e come quasi dimenticando per un attimo i loro due accompagnatori, aveva mostrato a sua volta un moto di spontanea amicizia. Federico restava seduto in questi attimi intensi, e abbassava lo sguardo sul proprio quaderno, nella ricerca di qualcosa su cui concentrarsi. Marco invece si guardava attorno, immobile, come succube di una situazione imprevista.

Le due ragazze proseguivano con le loro espressioni di sorpresa e di piacere, come due vecchie e vere amiche ritrovate per combinazione, e nel mentre continuavano a scambiarsi parole di allegria e di soddisfazione, quasi superiori ai comportamenti ordinari di un caso del genere, si sedevano al tavolino dove Federico adesso mostrava sorpresa ed anche un minimo di curiosità. Tiziana, ad un tratto, si presentava a lui con trasporto, dicendo il proprio nome e porgendogli immediatamente la mano da stringere, mentre Cristina spiegava a tutti come loro due si conoscessero da sempre, e che fino a quando avevano abitato nello stesso palazzo fossero state due amiche inseparabili, laddove Marco intanto si avvicinava di un passo, anche se non decidendosi ancora a far niente. <<Siediti>>, diceva allora Tiziana, <<lei è proprio la mia cara amica di cui già ti avevo parlato>>, e Cristina diceva a Federico quasi la medesima cosa. I due fratelli sul momento avevano finto di ignorarsi, poi anche Marco si era seduto sull’unica sedia rimasta libera attorno a quel tavolo, giustificandosi nel dire che loro due erano entrati là dentro soltanto per prendere un tè. Immediatamente, e forse per fortuna, era giunto il cameriere, che aveva preso le ordinazioni dei quattro, e subito dopo era calato un breve momento di lieve imbarazzo, ma poi Tiziana aveva spiegato, con un simpatico cenno, che lui era Marco, e Federico aveva mostrato un’espressione vagamente sorridente, quasi ironica, ma senza aggiungere nulla. <<È mio fratello>>, aveva spiegato poi Marco con un briciolo di determinazione. <<Ormai noi due ci conosciamo da tempo>>.

 

Bruno Magnolfi

mercoledì 17 gennaio 2024

Male minore.


            Già più volte, la signora Marcella, incontrando in certi giorni e in momenti differenti la signora Celeste, generalmente nei dintorni del loro quartiere, oppure direttamente sul portone del palazzo dove ambedue abitano con le rispettive famiglie, da quando è entrata con lei in maggiore confidenza, si è sempre preoccupata, in qualità  di attenta e giudiziosa vicina di casa, di chiedere alla sua conoscente, in maniera senz’altro garbata e con tatto, come le stessero andando le cose, o se ci fossero degli eventuali segnali di miglioramento della situazione all’interno del suo appartamento. Però, proprio l’ultima volta, incrociata nei pressi del piccolo supermercato rionale, la signora Celeste è sembrata quasi scocciata di dover forse riferire sempre le medesime cose, pur nella consapevolezza della mancanza di effettive novità, quasi come se quell’argomento per lei fosse diventato talmente pesante da preferire probabilmente non parlarne affatto, ed uscendo di casa azzardare così il tentativo di liberare il più possibile la propria mente dagli annosi problemi quotidiani. Naturalmente la signora Marcella, accorgendosi di questa situazione, non ha certo provato ad introdurre alcuna insistenza nel loro piccolo dialogo di cortesia, e si è limitata in quel caso ad accennare subito a qualcos’altro di scarso rilievo riguardante il loro condominio, tanto per sviare immediatamente i pensieri dal tema spinoso evidentemente mal sopportato dalla vicina. Riflettendoci in seguito, però, le è parso di ravvisare in quel comportamento un vero e proprio isolarsi, da parte della signora Celeste, cosa che le è sembrata l’esatto contrario di quello che, a suo parere, probabilmente lei avrebbe necessità di mettere in pratica, per cercare di alleviare la propria situazione.   

            Forse, alla base di tutto, si è anche immaginata un comprensibile moto di vergogna per le recenti rivelazioni confidenziali sul proprio stato di cose familiare, e soprattutto sulla debolezza manifestata dal bisogno di bere dei superalcolici, spesso fino quasi a stordirsi, ha pensato Marcella, ma alla fine le è parso difficile personalmente cercare di aiutare qualcuno, proprio come la sua vicina di casa, se quel qualcuno non desidera affatto essere aiutato. Così, dopo i saluti, ha alzato leggermente le spalle quasi per un moto spontaneo, tornando a preoccuparsi solamente dei propri problemi. Ciò che in tutto questo le è parso stonato, però, è stata la mancanza di riconoscenza della propria discrezionalità nel trattare certi argomenti, così come la capacità manifestata di ascoltare ogni cosa senza formulare dei giudizi affrettati, ed anche la disponibilità a non rivelare nulla ad anima viva, neppure ai propri familiari. Con questa leggera sensazione di amarezza, la signora Marcella nel pomeriggio ha provato più volte perciò il desiderio di suonare il campanello di casa della signora Celeste, magari per invitarla semplicemente a prendere un caffè nella sua cucina, e riscontrare così se l’impressione piuttosto negativa registrata al mattino fosse stata davvero giustificata.

<<Voglio scusarmi>>, ha invece detto subito la signora Celeste; <<però non posso appoggiarmi ad altri per tentare di sentirmi meno sola, visto che è dentro le mura della mia casa che si annidano le preoccupazioni che devo cercare di risolvere>>. Poi ha iniziato a piangere leggermente, mostrando così la sofferenza di cui è diventata vittima. E infine, ha ripreso: <<Mi sono rivolta al medico che ha in cura mio marito>>, ha aggiunto soffiandosi il naso; <<e lui ha detto che è del tutto normale, in presenza di uno stato depressivo manifestato da un familiare, la trasmissione diretta del proprio disagio agli altri componenti della stessa famiglia>>. <<Tutto ciò non è certo consolatorio>>, ha sibilato sottovoce la signora Marcella, e l’altra naturalmente ha annuito. <<Col medico ho finto comunque di essere forte, concreta, e in grado di sopportare questa situazione. E forse in certi momenti è anche vero, ma in altri mi sento a pezzi, incapace persino di reagire>>. Poi le due hanno cercato di alleggerire la propria conversazione, parlando di cose ordinarie ed evitando riferimenti a quanto detto precedentemente. Quando si sono salutate, la signora Celeste forse è apparsa un po’ sollevata, e comunque ha rinnovato con apprensione le proprie scuse, dando adesso la colpa di tutto quanto al suo sistema nervoso messo a dura prova dalla situazione in famiglia.

La signora Marcella allora ha ribadito il suo appoggio incondizionato, confermando che certe volte anche soltanto parlare dei propri disagi con qualcuno che si sforza di comprenderli, è già quasi l’inizio della loro soluzione, ed infine, una volta rimasta da sola, ha pensato che forse avrebbe invitato la sua vicina ad andare con lei a fare delle compere, uno dei giorni a seguire. <<Probabilmente un po’ di svago potrebbe essere per lei quello che proprio ci vuole>>, ha considerato. <<E in ogni caso per una come lei, nella sua situazione, mettere il naso fuori dalle mura domestiche per un’ora o anche due, non può essere certo un male maggiore di quello che sopporta>>.

 

Bruno Magnolfi

sabato 13 gennaio 2024

Abusi di potere.


La mensa universitaria è piena di ragazzi. In molti si cercano, di aspettano, si ritrovano qui per dividere insieme la pausa pranzo. Alcuni ridono, dicono qualcosa a voce alta, altri annuiscono, mostrano la propria soddisfazione, e naturalmente c’è anche chi se ne rimane in disparte consumando il cibo del proprio vassoio in silenzio, senza preoccuparsi di altro. Ci sono certi studenti che invece si lamentano di tutto, dei servizi che non funzionano come dovrebbero, delle lezioni inadeguate, degli orari inadatti, dei tempi di attesa a cui sono costretti per qualsiasi cosa che desiderano chiedere nelle segreterie e nelle facoltà. Altri commentano le terribili notizie di guerra nel mondo, e molti parlano della politica, e di certi schieramenti che in bocca a loro sembrano soltanto accorpamenti di persone senza scrupoli. Si dice che il governo di questo o di quel paese abbia indubbiamente le mani sporche, immerse come sono, senza nessun dubbio, in attività contrarie ad ogni etica e ad ogni morale, e qualche ben informato sostiene come sia soltanto questione di qualche settimana, forse alla peggio di mesi, e poi le cose cambieranno, dovranno cambiare, <<perché così non si può andare avanti>>.

Si programmano manifestazioni, assemblee, raduni, rivolte di piazza per evidenziare il disagio in cui versano i cittadini, e poi si tende a esaltare la forza del contropotere, capace di rimettere in riga le cose, di far modificare i comportamenti di molta politica, ormai costituita solo da affaristi corrotti bramosi solamente di conservare il più a lungo possibile la propria poltrona. Una ragazza dice con forza che vanno sostituiti al più presto certi personaggi estremamente discutibili, e gli risponde un tipo con gli occhiali usando parole di fuoco contro le più alte cariche dello Stato e del governo. <<Dobbiamo darci un appuntamento preciso>>, urla uno studente che poi va a scrivere, su di un muro lungo la strada, una frase inquietante, usando la vernice della bomboletta. Gli inservienti di cucina assistono impotenti a questo ribollire di coscienze, e forse qualche volta hanno paura dei personaggi più turbolenti, ma sanno che questa degli studenti è la forma più autentica di dimostrazione che le cose non vanno affatto bene, e che per tutti la spinta al cambiamento sembra a portata di mano.

Raramente Marco si è fermato per pranzo in questi luoghi, però adesso che gli animi sembrano proprio essersi messi in moto, per lui sembra impossibile non sentirsi immerso in prima persona all’interno della spinta propulsiva a cambiare le cose. Intanto la sua facoltà è ancora in rivolta per la lotta agli scarsi sbocchi professionali che offre, ma questi problemi di tipo vagamente corporativo sembrano adesso piegare la testa di fronte a ben altre lotte che molti si augurano di avviare. Ci sono tutti i motivi più espliciti per chiedere a gran voce di variare le cose, e non soltanto in ambito universitario, ed anche se alcuni in mezzo alla massa studentesca fanno ancora resistenza di fronte all’energia elettrica che si innerva e percorre rapidamente la testa dei tanti gruppi più o meno già organizzati e funzionanti, la maggior parte degli studenti dell’ateneo sembra mostrare le idee molto chiare su come proseguire e comportarsi rispetto alla classe politica al potere. Nessuno, per ragioni diverse, sembra ormai voler difendere i comportamenti del governo del paese. <<C’è la necessità di cambiare>>, si dice dappertutto, e poi si afferma che ci sono delle adeguate forze sociali per dare una spallata definitiva a certe forze politiche.

Marco segue volentieri e con interesse il fermento che percorre i corridoi universitari e non solo, e in ogni caso si sente pronto ad affrontare con chiunque gli argomenti che da sempre hanno incarnato anche le proprie opinioni. Non ha dubbi: la dialettica sociale e le sofferenze della parte più debole della popolazione portano senza alcuna perplessità a ribellarsi contro i poteri forti che in questo periodo dominano la scena politica. Va fatta sentire la voce dei cittadini, per le strade e in tutti i luoghi dove la necessità di urlare le proprie ragioni abbiano un senso. Lui si sente pronto, ed il suo desiderio è solo quello di mescolarsi alla folla straripante che chiede a gran voce un cambiamento radicale. Ogni piccola legge varata all’interno dei palazzi del potere ormai viene mal tollerata, e chiunque da tempo si è già convinto che non potrà mai arrivare niente di buono da questa congerie di personaggi discussi e discutibili che costituisce il governo del proprio paese. Non importa se suo fratello, ma anche la propria amica Tiziana, e tanti altri simili a loro, non mostrano la sensibilità giusta per avvertire come lui queste cose. Tutti questi dovranno rendersi conto, indubbiamente, e prima o dopo, che ci sono dei limiti oltre i quali la gente comune non può tollerare certi comportamenti da parte di chi è chiamato a rappresentarla. Lui andrà sempre in avanti con le proprie convinzioni, e chi non sarà capace di comprendere il senso profondo e costituzionale che anima una nazione come la sua, allora non è quasi degno neppure di farne parte.

 

Bruno Magnolfi